I RISULTATI DELL’INDAGINE CONGIUNTURALE DI CONFAPI PADOVA
Fabbrica Padova, centro studi dell'Associazione, ha interpellato un panel selezionato di 100 imprenditori del settore manifatturiero: per l’88% il fatturato del 2020 calerà rispetto al 2019, e già nel secondo trimestre si registrerà un peggioramento rispetto al primo, esteso anche gli ordinativi. Nonostante questo, il 72% non effettuerà licenziamenti. Il presidente Carlo Valerio: «Numeri allarmanti, la ripresa passa solo dal rilancio degli investimenti». Il commento del professor Pugliese (Università di Padova): «Ora le imprese hanno bisogno di misure che le aiutino a rafforzare il proprio capitale.
Il peggio deve ancora venire. Il 76% dei piccoli e medi imprenditori del sistema manifatturiero padovano denuncia un calo del fatturato nel primo trimestre dell’anno, ma la percentuale sale all’85% se si considerano quelli che si attendono un segno “meno” nel secondo trimestre, mentre addirittura l’88% di loro prevede che il 2020 si chiuderà con un saldo negativo rispetto al 2019 (e per 40 su 100 il calo sarà consistente, tra il 25 e il 50% del proprio fatturato). Tendenza analoga per quanto riguarda il portafoglio ordini, con un peggioramento tra il primo trimestre (il 69% delle aziende denuncia un calo rispetto al primo trimestre 2019) e il secondo (l’81% degli intervistati prevede un peggioramento rispetto al secondo trimestre dell’anno precedente). E tuttavia, è significativo notare che 70 aziende su 100 confermano di voler fare entro l’anno gli investimenti previsti a inizio 2020 e che solo il 17% abbia deciso di annullare quelli previsti per il biennio 2020-2021. Lo è altrettanto il fatto che più ancora del riacutizzarsi dell’emergenza Covid-19 gli imprenditori avvertano come principale minaccia per il prossimo futuro il calo della domanda (37%) e vecchi nemici come la pressione fiscale (30%) e la burocrazia asfissiante (17%).
Sono alcuni risultati dell’indagine statistica congiunturale realizzata da Fabbrica Padova, centro studi di Confapi, attraverso domande dirette agli imprenditori. L’indagine ha coinvolto un campione di 100 aziende selezionate nel settore manifatturiero, in larga parte (74%) con un fatturato inferiore ai 5 milioni di euro e con meno di 25 addetti (70%). L’obiettivo è stato appunto quello di comprendere cosa è successo alle imprese in termini di produzione, fatturato e dinamica finanziaria, quali sono l’outlook e le previsioni nel breve e medio periodo e, infine, qual è il giudizio complessivo rispetto alla gestione dell’emergenza sanitaria e alle misure di supporto predisposte da Governo e Regione Veneto. Un aspetto, questo, da cui emerge un verdetto inequivocabile: per l’82% degli intervistati le misure destinate alle imprese dal governo Conte sono insufficienti (e su una scala da 1 a 10 la media voto è 3,5), così come viene bocciata la gestione complessiva dell’emergenza (solo il 28% degli intervistati dà un voto sopra al 6, quello medio è 3,9). Al contrario, il voto medio all’operato della Regione Veneto è 7, con una promozione piena per l’80% degli interpellati.
Per il presidente di Confapi Padova Carlo Valerio, «l’indagine fotografa come il virus impatti sulla manifattura e suona come un campanello d’allarme, perché le previsioni sono fosche anche per via del calo della domanda, fenomeno di per sé “nuovo” per il nostro tessuto economico. E tuttavia voglio soffermarmi su come il 70% delle nostre aziende non abbia annullato gli investimenti previsti. È un dato molto interessante perché conferma come la visione positiva per il futuro sia uno dei fattori fondamentali per comprendere l’imprenditoria locale, tipica dell’intero Nord Est Italiano: tutto il benessere raggiunto è stato costruito con grande impegno e fatica, immaginando un domani prospero che potesse in qualche modo compensare le privazioni di ieri. È la molla, speriamo inesauribile, che ancora spinge, l’energia che tiene diritta la colonna vertebrale della piccola e media impresa, patrimonio singolare nel panorama mondiale e largamente maggioritario nella struttura economica italiana. Quello che serve, però, è che il Governo assecondi questa pulsione favorendo gli investimenti e abbandonando quelli “a pioggia”, e fuori tempo massimo, che hanno caratterizzato il Dl Rilancio», rimarca il presidente Valerio. «Non è un caso, poi, se le nostre imprese prevedono di ricorrere in misura marginale ai licenziamenti (solo il 17% degli imprenditori intervistati): è lo specchio della mentalità solidale della piccola e media impresa, che privilegia il rapporto stretto con i propri collaboratori, conosciuti personalmente anche in ambiti terzi rispetto al lavoro, di cui coglie in pieno l’importanza per gli equilibri positivi della propria attività. Relativamente in pochi (il 33%) hanno inoltre dovuto ritardare i pagamenti ai fornitori, e anche questo dato definisce lo spirito sostanzialmente solidaristico dell’impresa padovana, frutto della consapevolezza crescente di far parte di meccanismi economici nei quali lo spazio per l’egoismo sociale va via via riducendosi, se non altro per evidenti questioni di opportunità. Per questo noi non vogliamo perdere la fiducia nel futuro, anche di fronte ai risultati per molti versi allarmanti emersi dalla nostra indagine».
Confapi ha chiesto un commento all’indagine al professor Amedeo Pugliese, docente di Economia Aziendale all’Università degli Studi di Padova (in allegato la versione ampia della sua disamina, quello che segue è un estratto): «Il dato più significativo è quello relativo all’andamento di ordini e fatturato. Il blocco delle attività produttive e le restrizioni alla mobilità degli individui hanno contratto la domanda, con effetti diretti sulla prima linea del conto economico. A tale riduzione dei ricavi non corrisponde una proporzionale compressione dei costi, con ripercussioni attese su redditività e patrimonializzazione al termine del 2020. Questa dinamica rischia di avere effetti negativi su imprese sottocapitalizzate o già fortemente indebitate prima dello scoppio della pandemia, facendo emergere situazioni di insolvenza “indotta” e conseguenti crisi e fallimenti», sottolinea il professor Pugliese. «Alcuni comparti della manifattura europea potrebbero beneficiare dell’impossibilità per le imprese italiane di servire mercati (internazionali) ora presidiati da altri. L’aspetto legato alla competitività è cruciale e si lega a doppio filo agli interventi (futuri) che il Governo ha in cantiere. Non solo: è cruciale la capacità degli imprenditori di utilizzare in chiave forward looking e di investimenti in capacità produttiva il capitale a debito messo a disposizione attraverso il Fondo di Garanzia per le Pmi. Un dialogo fruttuoso con il Governo non può prescindere da misure che aiutino - in modo selettivo - a rafforzare il capitale alle società, immaginando incentivi alla patrimonializzazione delle imprese, e alla ripresa degli investimenti».
Ecco, in pillole, le principali informazioni raccolte dall’indagine:
- La maggior parte delle aziende (il 70%) ha osservato un periodo di chiusura forzata causa Covid-19 (il cosiddetto lockdown) riaprendo mediante la comunicazione al prefetto. Solo il 30% non ha mai interrotto l’attività, potendo contare su un codice Ateco che glielo consentiva. 12 su 100 sono state costrette a sospendere completamente il proprio lavoro.
- L’80% delle aziende ha fatto ricorso agli ammortizzatori sociali, il 12% si è limitato a sfruttare ferie e permessi, soltanto per l’8% il problema non si è posto.
- Il 58% ha potuto utilizzare forme di smart working (il 42% no).
- La maggior parte delle aziende (il 77%) denuncia un calo del fatturato nel 1° trimestre 2020 rispetto allo stesso periodo del 2019: per il 40% è contenuto entro il 25%; per il 20% delle aziende il calo è più consistente, e si attesta fra il 25 e il 50%; per il 15% tra il 50 e il 75% e per il 2% addirittura fra il 75% e il 100%. Per l’8% degli intervistati il fatturato è invece rimasto costante. Il 15% è invece in controtendenza e registra un fatturato in crescita.
- Significativo che le previsioni per il 2° trimestre prevedano un peggioramento rispetto al primo: l’85% delle imprese si attende una diminuzione del fatturato rispetto all’anno precedente, con una distribuzione equa tra chi prevede un calo sotto al 25% (35 aziende su 100) e chi tra il 25% e il 50% (30 su 100).
- Allargando ancora la prospettiva il quadro si fa ancora più fosco: per l’88% delle aziende il 2020 si chiuderà con un ribasso nel fatturato rispetto al 2019 (per il 40 su 100 entro il 25%, altrettante attendono un calo entro il 50%).
- Anche alla voce portafogli ordini la situazione peggiora tra il primo trimestre (il 69% delle aziende denuncia un calo rispetto al 1° trimestre 2019) e il secondo (l’81% degli intervistati prevede un segno negativo rispetto al secondo trimestre del 2019).
- Solo il 15% delle imprese non ha dovuto fare i conti con il ritardo nei pagamenti dei propri fornitori (anche se per il 62% il fenomeno si è registrato solo “in misura marginale”).
- E tuttavia solo il 32% ha a sua volta dovuto ritardare i pagamenti ai fornitori (una su 4 in modo marginale).
- Un’azienda su quattro prevede di effettuare assunzioni entro il 2020.
- Il 17% sarà costretto a effettuare licenziamenti, il 12% si limiterà a non rinnovare contratti in scadenza, ma il 72% non ridurrà il proprio personale nonostante il calo nel fatturato.
- 30 aziende su 100 hanno annullato investimenti previsti nel 2020, ma 70 su 100 no.
- Solo il 17% delle imprese ha deciso l’annullamento di investimenti nel biennio 2020-2021, il 55% è ancora indeciso.
- La seconda parte dell’indagine ha valutato l’operato di Governo e Regione nella gestione dell’emergenza. In particolare solo il 18% degli imprenditori interpellati promuove l’insieme degli strumenti per le imprese messi in campo dal Governo dandogli un voto superiore al 6. In una scala da 1 a 10, il voto medio è 3,5.
- Migliora leggermente il bilancio relativo alla gestione complessiva dell’emergenza: il 72% degli intervistati boccia l’esecutivo, il 28% lo salva. Su una scala da 1 a 10 il voto medio è comunque un severo 3,9.
- Diverso il giudizio sull’operato della Regione Veneto: l’80% degli intervistati promuove Zaia nella gestione complessiva dell’emergenza. 7 il voto medio.
- Infine è stato chiesto di indicare agli imprenditori del campione qual è la maggiore minaccia per la competitività dell’azienda nei prossimi due anni. I timori maggiori sono legati al “calo strutturale della domanda” (37% delle risposte), seguito da “pressione fiscale e costo del lavoro” (30%); per 17% il nemico è la “burocrazia asfissiante”; solo il 10% indica di temere il perdurare o l’aggravarsi dell’emergenza epidemiologica; il 3% teme l’aumentata competizione internazionale, mentre il 3% indica che i problemi saranno altri.