Nel primo trimestre 2020 le esportazioni bresciane sono calate del 7,5% rispetto all’analogo periodo del 2019, passando da 4,15 miliardi di euro a 3,84 miliardi. In forte diminuzione anche le importazioni, passate da 2,4 a 2,07 miliardi. A rilevarlo è il Centro Studi Apindustria rielaborando i dati Istat diffusi oggi. Il calo bresciano è tra i più significativi a livello nazionale, peggio anche di Bergamo (-6,3%) e Verona (-5,3%), per non parlare di Vicenza (-0,03%). Nel Nord situazioni peggiori si registrano a Reggio Emilia (-9,8%) e Alessandria (-19,6%). Il crollo delle esportazioni riguarda ovviamente soprattutto l’Europa, la principale destinazione (tre quarti del totale) delle merci e dei servizi bresciani. In Germania, il principale partner commerciale bresciano (e nazionale), nel primo trimestre 2020 le esportazioni sono passate da 876 a 783 milioni circa (-10,6%), In Francia il calo è stato del 3,2% (da 474 a 459 milioni di euro circa). Nel complesso in Europa il calo è stato del 7,2 percento. Fuori dall’Europa diminuzione pesante dell’export verso gli Stati Uniti (-10%) e verso la Cina (-27%). Nelle macro aree l’America settentrionale ha comunque tenuto (-1,5%), mentre molto male sono andate l’Asia (-9,5), l’America Latina (-8,9%), l’Africa (-19%). I risultati del primo trimestre sono ovviamente influenzati dall’emergenza Covid che, in marzo, ha portato a un progressivo rallentamento e blocco della produzione. «I dati sulle esportazioni confermano gli scenari più cupi – afferma il Presidente di Apindustria Douglas Sivieri – e si accompagnano a quelli disastrosi sulla produzione diffusi sempre oggi dall’Istat. Il secondo trimestre potrebbe peraltro dare risultati anche peggiori, con aprile fermo e maggio decisamente al di sotto delle aspettative. La ripresa dopo il blocco si sta infatti rivelando molto lenta e faticosa, tanti comparti sono in grande difficoltà, non solo il turismo ma anche il tessile e l’automotive». Ulteriori segnali negativi potrebbero arrivare anche dagli ordinativi e dai consumi interni, oltre che dall’export: «I dati sulla cassa integrazione sono pesanti e questo si traduce inevitabilmente in minori disponibilità a spendere». A questo si aggiungono «una confusione molto elevata e difficoltà di previsione per una crisi corta ma molto al buio». «Qualcosa di positivo inizieremo forse a vederlo dal prossimo anno – afferma Sivieri -, ma sei mesi in questo momento sono tanti e possono avere conseguenze molto pesanti. Confidiamo, vogliamo essere ottimisti, nel grande fermento e voglia di ripartenza che si respira tra gli imprenditori».