Tanto valgono le esportazioni e il prodotto interno lordo del territorio padovano: le previsioni congiunturali positive si scontrano con la psicosi generale e con ripercussioni sul Pil stimate tra il -0,2 e il -0,3% rispetto al +1,1 ipotizzato all’inizio del 2020. Il presidente Carlo Valerio: «Evitiamo di farci male da soli con la paura incontrollata e di danneggiare in modo irreparabile la nostra reputazione all’estero. Il vero danno non è il Coronavirus, ma le cicatrici che rischia di lasciare sulla nostra economia».
Dal crollo delle prenotazioni turistiche ai rischi per l’export, l’allarme Coronavirus sta insidiando da più fronti l’economia italiana e in particolare quella veneta e padovana. Ma quanto rischia di perdere il nostro sistema economico? Fabbrica Padova, centro studi di Confapi, ha messo in fila un po’ di dati. Il prodotto interno lordo della regione si attesta sui 162,5 miliardi, di cui circa 32 prodotti dalle imprese padovane. L’export veneto nel 2018 ha sfiorato i 47,8 miliardi, quello padovano nello stesso anno ha superato i 10. Le presenze turistiche all’anno toccano nella provincia i 5,4 milioni di persone, e superano i 69,2 milioni in Veneto: ora stanno crollando. Altro elemento da considerare, le previsioni all’inizio del 2020 ipotizzavano un incremento del Pil regionale dell’1,1% e, nonostante le incertezze e il clima di tensione geopolitica, si prevedeva +4,3% nel 2020-2022 per le esportazioni. Previsioni che vanno drammaticamente riviste al ribasso.
«Nel considerare questi numeri non posso che fare mie le riflessioni del presidente nazionale della Confederazione Maurizio Casasco, quando evidenzia come il Sistema Italia sia un sistema sano. Ciò significa che non dobbiamo assolutamente lasciarci prendere da allarmismi ingiustificati. Il Coronavirus è molto contagioso, ma ha una mortalità più bassa della normale influenza», sottolinea Carlo Valerio, Presidente di Confapi Padova. «Ecco perché, come Associazione imprenditoriale ci sentiamo in dovere di lanciare un messaggio rassicurante, ovviamente, allo stesso tempo, adoperandoci per fare dei luoghi di lavoro posti più sicuri, garantendo alti standard di igiene. Ma, come abbiamo sottolineato nei recenti incontri con le altre associazioni datoriali in Camera di commercio e in Regione, si impone l’assoluta esigenza di avere una voce unica nazionale che comunichi col mondo nel solo linguaggio della scienza. Viviamo di Made in Italy, di export di prodotti e servizi, oltre che di import di turisti e visitatori: ogni messaggio negativo rischia di condizionare per mesi, se non per anni, il nostro intero sistema economico. Le conseguenze le pagherebbero tutti. Ecco perché il senso di responsabilità, il senso dello Stato, devono prevalere su qualsiasi tentazione di protagonismo da parte della classe politica locale, regionale e nazionale. Non c’è spazio per nessuna polemica di schieramento alla ricerca di facile consenso, e chi ne approfittasse deve restare negativamente impresso per sempre nella memoria dei cittadini elettori. Oggi», prosegue Valerio, «il nostro compito è anche quello di fare rete e aiutare le nostre imprese. Un’influenza, per quanto nuova, non può mettere in ginocchio un’economia che vale 162,5 miliardi di Pil come quella veneta. Confapi ha già avviato una campagna informativa, nella consapevolezza che la salute dei lavoratori è al primo posto ma, allo stesso tempo, che bisogna fare in modo che le ripercussioni per le nostre aziende siano le meno pesanti possibili. In questa direzione va anche la lettera che abbiamo firmato in Camera di commercio assieme agli altri rappresentanti delle associazioni del territorio, chiedendo che vengano estese al resto delle aziende della provincia gli interventi sugli adempimenti fiscali e previdenziali previsti dal Ministero dell’economia e delle finanze per le aziende delle “zone rosse”».
«Le valutazioni preliminari sugli effetti del Coronavirus sull’economia, riportate nella nota congiunturale dell’Ufficio parlamentare di bilancio dello scorso 10 febbraio, indicano ripercussioni sul Pil mondiale comprese tra lo 0,15% e lo 0,3% nel primo trimestre 2020. Di fatto anche la solitamente prudente Banca d’Italia ha stimato che l’allarme Coronavirus potrebbe impattare sul Pil nazionale per più dello 0,2%, come ha recentemente affermato il governatore Ignazio Visco. Un dato che, ai valori attuali, si traduce in circa 40 miliardi di euro», rimarca Davide D’Onofrio, direttore dell’Associazione, fornendo altri rilievi statistici. «Fabbrica Padova ha allargato la proiezione al Veneto: un impatto dello 0,2% comporterebbe perdite per circa 325 milioni nel prodotto interno lordo regionale e di circa 64,4 milioni per quello della provincia di Padova. Con lo 0,3% ipotizzato da Prometeia si salirebbe rispettivamente a 487,5 e a 96. Ma se le misure restrittive di quarantena dovessero allargarsi per cause di forza maggiore all’intero settore produttivo di Lombardia e Veneto il conto rischierebbe di essere salatissimo, visto che le due regioni valgono da sole 550 miliardi di Pil - vale a dire il 31% di quello italiano - e considerato che da qui parte il 40% delle esportazioni tricolori. Questa ondata di isteria collettiva sta facendo precipitare nel baratro economico imprese e attività commerciali. E, ancora una volta, sono soprattutto le piccole e medie imprese quelle che rischiano di pagare il prezzo più alto. La salute e il contenimento dell’eventuale contagio vengono prima di tutto ed è doveroso seguire le indicazioni degli organi preposti, ma vogliamo anche lanciare un messaggio forte: evitiamo ogni psicosi».