CONFAPI PADOVA: «IDROVIA PADOVA-VENEZIA, NON SI PERDA ALTRO TEMPO»

CONFAPI PADOVA: «IDROVIA PADOVA-VENEZIA,  NON SI PERDA ALTRO TEMPO»

DOPO IL SÌ DELLA CAMERA ALLA MOZIONE PER IL COMPLETAMENTO DELL’OPERA

I lavori sono fermi dal 1992, completarli costerebbe 512 milioni di euro. Ma meno dei 600 sborsati per far fronte alla sola alluvione del 2010, in una nazione che negli ultimi vent’anni ha speso 20 miliardi per riparare danni ambientali e solo 5,6 per prevenirli. Tiburli: «Opera necessaria per due ragioni: mettere in sicurezza il territorio e rilanciare il trasporto via acqua. Bene la mozione, ma già altre volte il Governo ha preso impegni poi disattesi: basta chiacchiere, passiamo ai fatti».

«L’idrovia Venezia-Padova completata entro il 1975» campeggiava nei titoli dei quotidiani locali all’inizio degli anni ’70. Proclami che suonano ironicamente fuori luogo 45 anni dopo. Se al 1992 l’opera era avanzata sino al 60%, poi i lavori si sono fermati senza più ripartire, facendola diventare un emblema dello spreco di risorse pubbliche. Per questo va accolto con estremo favore il recente sì della Camera alla mozione trasversale Caon (Forza Italia) - Pellicani (Partito Democratico) che impegna il Governo «ad adottare ogni iniziativa utile volta, nell’ambito della progettazione avviata dalla regione Veneto, a pervenire ad una progettazione definitiva dell’idrovia Padova-Venezia che garantisca i più alti standard in termini di sicurezza idraulica dei bacini complessivamente coinvolti». Ma il punto, sottolinea Confapi Padova, che da Associazione delle piccole e medie industrie del territorio non può non avere a cuore il problema, è che di parole se ne sono sentite tantissime, in questi anni, ma ora bisogna passare ai fatti.

«E per almeno due buone ragioni», afferma Andrea Tiburli, membro di Giunta con delega alla Zona Industriale. «La prima è legata alla messa in sicurezza di un ampio territorio minacciato dalle alluvioni: un’area che comprende i bacini del Brenta e del Bacchiglione, dunque le città di Padova e Vicenza, oltre che la parte occidentale della Laguna Veneta. La seconda è legata allo sviluppo industriale del territorio, perché se negli anni è passata in secondo piano l’idea originaria di fare dell’idrovia un’autostrada delle acque, è altrettanto vero che avere a disposizione un canale navigabile in quella posizione potrebbe alleggerire il trasporto su gomma favorendo quello su chiatta, offrendo nuove opportunità e un nuovo impulso alla stessa Zona Industriale».

Fabbrica Padova, centro studi di Confapi, ha analizzato i numeri relativi agli interventi effettuati e da compiere. Come riporta l’Osservatorio Trasporti Infrastrutture e Logistica di Unioncamere del Veneto, «l’opera progettata all’inizio degli anni ’60 per collegare la zona industriale di Padova a quella di Marghera, attraverso il fiume Brenta e il canale Novissimo, prevede un percorso di circa 28 km. Del progetto redatto dal Genio Civile di Venezia, sono stati realizzati solo 10,7 km di canale tra Padova e il Brenta e tra il Novissimo e la laguna, 13 ponti stradali e un ponte ferroviario, una traversa sul fiume Brenta (opera parziale), una chiusa mobile in destra del fiume Brenta, una conca di navigazione tra il Novissimo e la laguna». Ma quanto costerebbe completarla? Nel ripercorrere la cronistoria dei lavori, la mozione presentata in Parlamento fa anche i calcoli: «A oggi, per realizzare l’opera per averne il doppio utilizzo (canale navigabile e canale scolmatore) servirebbero 512 milioni di euro, in assenza dei quali è impossibile passare alla fase di progettazione definitiva ed esecutiva (siamo ancora allo studio di fattibilità)». Tanti soldi, dunque. Ma meno dei 600 milioni che è costato riparare i soli danni dell’alluvione che, il 2 novembre 2010, mise in ginocchio le province di Padova e Vicenza a causa dell’esondazione di Brenta e Bacchiglione.

«Ma possiamo anche citare altri dati: dal 1998 al 2018 l’Italia ha speso, secondo quanto attesta l’Ispra, circa 5,6 miliardi di euro (300 milioni all’anno) in progettazione e realizzazione di opere di prevenzione del rischio idrogeologico. A fronte di questa somma ci sono i circa 20 miliardi di euro versati per riparare i danni del dissesto, secondo le stime di CNR e della Protezione civile (un miliardo all’anno in media). Quasi quattro volte di più», riprende Tiburli. «E le stesse mozioni parlamentari calcolano come per ogni euro investito nella prevenzione delle alluvioni se ne risparmino circa sei, necessari per la riparazione dei danni conseguenti. Come già sottolineato, mai come in questo caso la questione ambientale si sposa a quella economica, tant’è che l’Unione europea ha rilanciato le vie navigabili attraverso la revisione delle reti strategiche di trasporto (Ten-T) e lo sviluppo del programma Naides, giunto alla fase Naiades II, che punta a far sì che il 30% delle merci dell’Unione sia trasportato con metodi più puliti, valorizzando i 37 mila chilometri di vie navigabili interne».

«Perché allora vogliamo tenere alta l’attenzione sulla questione Idrovia dopo la mozione approvata in Parlamento?», conclude Tiburli. «Perché già altre volte il Governo aveva fatto intendere di voler agire. Nell’“Allegato infrastrutture” del documento di programmazione economica e finanziaria del 2011, ad esempio, si affermava di voler recuperare i 990 chilometri di rete e canali fluviali ubicati nel settentrione d’Italia dove è movimentato il 60% delle merci del Paese e in tale ambito di voler recuperare l’idrovia Padova-Venezia. Ecco, da allora non si è mosso nulla. Per questo riteniamo necessario che il Governo inserisca il progetto già nel Piano che a breve presenterà alla Commissione Europea per ottenere i finanziamenti del Recovery Fund. I nostri cittadini e le nostre imprese lo attendono da troppi anni. Ormai non è più rinviabile».

 

Nella foto Andrea Tiburli