Nel 2021 le esportazioni bresciane hanno raggiunto la quota record di 18,8 miliardi di euro, in crescita del 26% rispetto al 2020 e del 14,9% rispetto al 2019, ultimo anno pre-pandemia.
Le importazioni del 2021 ammontano a 11,5 miliardi di euro, in crescita del 49%. Il saldo commerciale è positivo per circa 3,9 miliardi di euro.
A livello congiunturale, il quarto trimestre 2021 ha registrato esportazioni per oltre 5 miliardi, quasi il 10% in più rispetto al trimestre precedente e del 17% rispetto all’analogo trimestre del 2020. A osservarlo è il Centro Studi Apindustria Confapi Brescia rielaborando i dati Istat.
Nel 2021, a livello nazionale, rispetto all’anno precedente, l’export mostra una crescita molto sostenuta (+18,2%) e diffusa a livello territoriale. Nell’insieme dell’anno, i contributi maggiori alla crescita tendenziale dell’export nazionale derivano dall’aumento delle vendite della Lombardia verso Germania (+22,9%) e Francia (+20,7%). Brescia è anche nel gruppo di province che più ha contribuito alla buona performance del 2021: «L’analisi provinciale dell’export - osserva infatti l'Istat - mostra performance positive per quasi tutte le province italiane: i contributi più elevati si rilevano per Milano, Torino, Brescia, Firenze, Vicenza, Roma, Bergamo, Siracusa, Modena e Bologna».
Tornando ai dati provinciali annuali, l’area UE è come sempre (Germania e Francia in testa) l’area di sbocco principale dell’export bresciano, rappresentando quasi i due terzi (84,2%) del totale. L’area UE è anche quella che ha la migliore performance (+30% sull’anno precedente). Seguono l’Europa non UE (12,5% l’export sul totale) e l’Asia (9,4%). Tutte le aree di sbocco registrano incrementi percentuali a doppia cifra (i dettagli nella tabella).
«I dati consolidano la forte ripresa avvenuta nel 2021 e confermano la straordinaria vocazione all'export delle imprese bresciane - afferma il presidente di Apindustria Confapi Brescia Pierluigi Cordua -. Una quota così importante di export per il sistema bresciano fa però accrescere le preoccupazioni già esistenti su prezzi delle materie prime, dell'energia e della logistica. E, aggiungo, anche della sicurezza e della cybersecurity». Per Cordua la guerra in corso - motivo di preoccupazione ovviamente sul piano delle tensioni internazionali e ancor più per le ricadute sul piano umanitario - sta mettendo a dura prova la tenuta del sistema produttivo, già sotto stress negli ultimi due anni a causa della pandemia. «Il timore è che la crescita del 2022 possa essere fortemente pregiudicata - sottolinea Cordua -, creando peraltro un mix pericoloso di inflazione e crescita scarsa o nulla. Con mercati così interconnessi sarebbe ingenuo pensare di potere limitare a livello locale gli effetti delle sanzioni e delle ricadute sui prezzi e sulla disponibilità delle risorse». Di qui l'auspicio «che l'Italia e l'Unione Europea adottino misure straordinarie per garantire la tenuta del tessuto economico e sociale». «L'integrazione dei processi in ambito UE è fondamentale - conclude Cordua -, procedere in ordine sparso porterebbe a risultati scarsi o nulli».