I rincari dei prezzi energetici, che stanno interessando in maniera trasversale diverse commodity - non solo tra materie prime (minerali, energetiche, vegetali) ma anche semi-lavorati - stanno mettendo in difficoltà il sistema produttivo delle PMI, già inserito in un contesto economico negativo ed in costante peggioramento dallo scoppio della guerra in Ucraina lo scorso febbraio. E’ il quadro che è emerso dal convegno, organizzato da Apindustria Confapi Brescia, «Crisi energetica e delle materie prime: scenari e proposte» che si è tenuto ieri presso la sede dell’Associazione.
«Abbiamo di fronte a noi uno scenario sempre più complesso e preoccupante – ha affermato Pierluigi Cordua, Presidente Apindustria Confapi Brescia - che vede il nostro sistema produttivo, stretto tra inflazione e prezzi crescenti di energia, perdere competitività a livello internazionale. Una situazione che impatta sul mondo delle PMI, come riportato anche da una recente indagine su caro energia e materie prime realizzata dal nostro Centro Studi tra le nostre imprese associate e dalla quale è emerso che il 33% di esse si troverà costretta a fermi produttivi. Per far fronte ai costi ormai fuori controllo, servono aiuti concreti e celeri da parte della politica, rivedendo anche i tempi per una transizione green che ci sta troppo penalizzando. Nell’attesa di interventi efficaci – conclude - come Associazione stiamo portando avanti uno specifico tavolo tecnico per approfondire il percorso e le opportunità offerte dalle Comunità Energetiche, realtà che rappresentano una soluzione per la produzione di energia in tempi brevi almeno per i piccoli artigiani e le PMI».
A risentire in maniera maggiore di questa impennata dei prezzi delle commodity è stato il gas naturale, il cui prezzo in Europa già a gennaio del 2022 era cresciuto del 421% rispetto al dicembre 2019. Le previsioni di mercato a medio termine non fanno ben sperare le imprese che stanno programmando le propria attività in vista dell’ultimo trimestre dell’anno e di inizio 2023. «Non poteva essere caratterizzata da incertezza maggiore per il comparto industriale europeo la ripresa delle attività a seguito della pausa estiva – ha spiegato Gianclaudio Torlizzi, Analista consulente Confapi e founder di T-Commodity -. L’annuncio da parte di Gazprom di interrompere totalmente i flussi dal NordStream1 ha dato il là a una nuova ondata di panico nel mercato del gas capace di spingerne le quotazioni al TTF di Amsterdam sui massimi raggiunti l’11 marzo 2021 di €345/MWh. Nelle ultime settimane il prezzo si è poi raffreddato, scendendo sotto i €200/MWh, in ragione del rallentamento dei consumi industriali e della buona azione di ristoccaggio in Europa, ma la tensione sul mercato continuerà a mordere per ancora molto tempo. A fronte dell’attuale fiammata dei prezzi energetici – ha proseguito - cresce la richiesta di sostegno da parte del mondo delle imprese nei confronti delle istituzioni. Ma su questo fronte Bruxelles, prigioniera ancora del dogma dell’austerity, latita, spingendo così i singoli Paesi a intraprendere soluzioni autonome, come dimostrato lo stop al caro bollette annunciati da Francia e Germania. L’Italia, il cui spazio in bilancio è più limitato dei partner europei, rischia dunque di essere la grande sconfitta da questa crisi energetica. Le misure annunciata dal governo Draghi infatti sebbene abbiano fornito un poco di ossigeno per quest’ultima parte dell’anno non offrono alle imprese un sufficiente grado di visibilità. Nel medio-lungo termine invece – ha concluso - l’unica soluzione all’attuale crisi energetica che è innanzitutto una crisi di sotto-capacità produttiva, passa per un aumento dell’offerta da perseguire non solo attraverso incentivi fiscali».
La visione dell’attuale congiuntura è stata analizzata grazie al contributo di ARERA, l’Autorità di Regolazione per Energia Reti e Ambiente, attraverso l’intervento di Stefano Saglia, Membro del Collegio dell’ente. «La crisi energetica si sta trasformando in una grande crisi di liquidità – ha spiegato Stefano Saglia-. I consumatori, in particolare le aziende, ricevono richieste di fideiussioni insostenibili per assicurarsi le forniture dall’altra, le stesse società di vendita di energia devono dare enormi garanzie per approvvigionarsi del gas necessario ai loro clienti. Il Governo tedesco a questo proposito ha immesso nel sistema 67 miliardi di euro. L’Italia ha già cercato con 33 miliardi di alleviare gli aumenti dei prezzi ed oggi la crisi energetica rischia di diventare crisi di debito. Una notizia positiva è certamente l’avvio dell’Energy release ovvero fornitura di elettricità da rinnovabili a prezzi fissi per energivori e PMI».
Per tutelare il tessuto delle PMI nazionali, Confapi – la Confederazione nazionale della piccola e media Industria privata, della quale Apindustria Confapi Brescia è diramazione territoriale – sta portando avanti sui tavoli istituzionali precise azioni mirate. «Bisogna intervenire sull’emergenza e anche pensare a misure di medio e lungo termine – ha dichiarato Maurizio Casasco, Presidente Confapi e Ceapme -. Va spinta l’Europa ad introdurre un price cap sia sul gas sia sull’energia. Per quest’ultima, rivedere le regole e i meccanismi di formazione del prezzo facendo riferimento al costo di generazione ed erogare crediti di imposta per tutte le imprese stabiliti in funzione del rapporto costo - fatturato. Necessario un intervento immediato – in attesa di decisioni europee – per l’istituzione di un costo amministrato a livello nazionale, nel solco di quanto fatto da altri Paesi dell’Ue. Va inoltre modificato il sistema di pricing del mercato elettrico. Si deve investire per nuove infrastrutture energetiche e potenziare quelle già esistenti come i gassificatori, i gasdotti e quant’altro riesca ad ampliare l’offerta energetica nazionale. Inoltre, realizzare impianti di termovalorizzazione di nuova generazione o ottimizzare e saturare quelli esistenti. Sul medio termine, l’opzione strategica da seguire è quella di ricercare soluzioni sostanziali di energy saving o la produzione di energia da fonti rinnovabili. Il ricorso alle rinnovabili è l’opzione migliore, in quanto correlato alla possibilità di una crescente autonomia energetica del tessuto industriale del territorio. Bisogna quindi incentivare gli investimenti sulle energie rinnovabili stimolando il settore privato attraverso agevolazioni che favoriscano la creazione di impianti progettati per l’autoconsumo o nelle comunità energetiche».