CAMPIONE DI 152 IMPRESE: KO FATTURATI, IL 70% HAUSATO LACASSA INTEGRAZIONE
Sul futuro che verrà sono preoccupate le 152 aziende “intervistate” da Confapi Industria Piacenza sugli effetti che il lockdown ha portato nell’economia. Ma sono anche intenzionate a rimboccarsi le maniche e a fare tutto il possibile per andare avanti. Esattamente come hanno fatto durante i mesi dell’epidemia affrontando un’emergenza mai vista prima. Sono state 152 le imprese di diverse dimensioni contattate da Confapi: la maggior parte opera nei settori della metalmeccanica, del food and beverage e dei servizi alle imprese. Ma non mancano rappresentanze del tessile, trasporti, legno e arredo, sanità, edilizia, Ict e chimica. «I dati relativi ai mesi passati sono preoccupanti -spiega il presidente provinciale Cristian Camisa -. Basti pensare che il il 60 per cento delle realtà intervistate, pari a 92 aziende, ha dichiarato un calo del portafoglio ordini, rispetto a marzo aprile 2019, che varia dal 30 al 50 per cento. E anche sul fatturato di quest’anno, 46 aziende stimano una perdita variabile dal 30 al 50 per cento. Nonostante questo, però, la volontà di impegnarsi e fare tutto il possibile per andare avanti c’è. Gli imprenditori si stanno attrezzando per non fermarsi nemmeno ad agosto: la richiesta che come Confapi Industria rivolgiamo alle istituzioni a tutti i livelli è di concentrare le risorse per degli investimenti che possano dare uno stimolo immediato all’economia. Di questo c’è una grande necessità: le risorse investite nella spesa corrente non producono benefici nel medio e lungo periodo e non possono essere una risposta sufficiente per questo momento». Un momento che ha messo a dura prova il mondo imprenditoriale piacentino: il questionario passa in rassegna i dispositivi che le aziende hanno utilizzato nei mesi scorsi a cominciare dallo smart working che è stato privilegiato dalla quasi totalità delle realtà aziendali, ossia 119 anche se di fatto il 70 per cento conta di far rientrare tutto il personale entro la fine di giugno mentre il 77 per cento non prevede, salvo rari casi, di avere ancora del personale in smart working nel mese di luglio. Circa il 50 per cento degli intervistati ha dichiarato di non avere richiesto la moratoria alle banche cosi come i finanziamenti previsti dal Decreto liquidità a cui il 60 per cento delle aziende ha scelto di non fare ricorso. Solo cinque sono state quelle che hanno richiesto un prestito fino a 100mila euro, mentre in 91 hanno deciso di trattare direttamente con le banche di riferimento. Il 70 per cento invece ha scelto di usufruire della cassa integrazione. Merita una considerazione a parte il discorso dei dispositivi di protezione individuale e dei test sierologici: se infatti la totalità delle aziende ha fornito ai lavoratori guanti e mascherine, sottoscrivendo anche un protocollo di sicurezza ad hoc, solo il 32 per cento degli intervistati, ossia 49 aziende, ha effettuato i test sierologici sui dipendenti. «Molte nostre imprese li hanno sospesi a causa delle quarantene troppo restrittive previste - evidenzia il presidente Camisa-. Confapi per prima si era attivata con la Regione per fare specifica richiesta di test per la sicurezza: la scelta di mettere in quarantena anche chi aveva l’IgG positivo (incontro con il virus contratto tempo addietro) di fatto rischiava di paralizzare interi reparti nelle aziende. Per questo abbiamo sconsigliato di farli e in effetti 102 imprese li hanno sospesi per un totale di quasi 3.000 dipendenti che salgono a oltre 27.500 in Regione». Ad oggi le prospettive sono di incertezza: il 34 per cento delle aziende non chiuderà ad agosto e il 41 per cento lo farà per una settimana. Il 74 per cento prevede una riduzione della domanda nazionale di prodotti esercizi e buona parte pensa che siano necessari dei cambiamenti di strategie aziendali. «Quello che chiediamo è di poter lavorare in tranquillità - conclude Camisa - l’unico obiettivo è di mantenere in vita le aziende e garantire il lavoro: diminuire i tempi della burocrazia per ottenere concessioni e permessi e sospendere i controlli a ogni livello su tematiche formali punendo invece chi agisce scorrettamente è l’aiuto più prezioso che può arrivare dalle istituzioni».