Dal suo osservatorio come vede la situazione economica locale?
«Monitoriamo costantemente la situazione delle nostre aziende associate e tra qualche giorno forniremo l’analisi dettagliata relativa al mese di gennaio e previsionale per i mesi di febbraio e marzo in merito a fatturato, portafoglio ordini, accesso al credito, ricorso alla cassa integrazione e smart working, solo per citare alcuni temi che poniamo periodicamente ai nostri imprenditori. L’ultimo trimestre del 2020 potremmo definirlo oscillante, da un inizio ad ottobre che ha visto segnali confortanti si è arrivati a fine anno con indicatori non performanti e da ricondursi anche alle limitazioni poste dai DPCM con classificazione della Regione Emilia-Romagna in zona arancione. Analizzando i recenti dati divulgati dalla locale Camera di Commercio e soffermandomi sul solo valore riferito alle attività manifatturiere sono particolarmente colpito dalle meno 39 imprese registrate nel 2020 rispetto al 2019, quando il saldo negativo tra il 2019 e il 2018 era di solo 2 imprese. Questi dati ci fanno particolarmente riflettere in quanto lo stato di sofferenza del settore manifatturiero, che conta circa il 10% delle aziende registrate a livello locale, si intravede già nel breve periodo. Non meno confortanti sono i numeri Inps pubblicati dall’Osservatorio sulle ore autorizzate di cassa integrazione (ordinaria, straordinaria e in deroga) che vedono per Piacenza +14 milioni di ore erogate nel 2020 rispetto al 2019, tenuto inoltre conto che il dato non considera il settore dell’artigianato e i lavoratori somministrati di diretta competenza dei fondi di solidarietà bilaterali».
Qual è la sua opinione sulle misure governative a sostegno dell’economia?
«In linea generale è stata seguita una linea poco dedita allo sviluppo economico e imprenditoriale, quella che, al contrario, sarebbe l’unica strada per portare a una vita decorosa e rispettosa della dignità per tutti. Ad oggi emergono solo alcuni primi segnali positivi che arrivano dall’edilizia grazie ai bonus fiscali del 110 per cento. Il Governo deve intervenire rapidamente con riforme strutturali soprattutto nell’ambito del welfare e che alleggeriscano la pressione fiscale, ormai arrivata a livelli insostenibili per le nostre aziende e i propri collaboratori».
A suo avviso che cosa bisogna fare per far partire l’economia?
«La ripresa deve partire dall’impiego efficace delle risorse europee e dagli investimenti pubblici. In questa fase difficile occorre rafforzare i sostegni alle categorie più colpite dalla pandemia e l’attuale incertezza politica non deve assolutamente condizionare queste misure, fondamentali per dare una prospettiva alla nostra economia e a tanti imprenditori in difficoltà. La politica ha il dovere di dare priorità alla situazione delle imprese e dei lavoratori, più che ai posizionamenti, e alla gestione del Recovery Fund, in modo da consentire alle nostre imprese di recuperare competitività laddove il confronto con i nostri principali competitor è impari e mi riferisco, ad esempio, alla burocrazia, al costo del lavoro, al costo dell’energia e al gap infrastrutturale. Se ci muoveremo con rapidità potremo pensare alla ripresa economica che, sicuramente, passerà dal vaccino e dalla capacità di fare progetti per attrarre i fondi europei. Abbiamo di fronte dei mesi cruciali, gli imprenditori e i loro collaboratori sono pronti, ora spetta alla politica dare il proprio contributo!»