Il presidente nazionale di Unionmeccanica traccia la strada: «Gli ostacoli? Rincari delle materie prime, mancanza di manodopera specializzata e una tassazione immorale. Ma le nostre imprese ce la faranno».
Tra crisi e opportunità. Con Lorenzo Giotti, presidente nazionale di Unionmeccanica Confapi - ospite d’onore dell’assemblea ospitata a Villa Contarini sabato 9 ottobre, nella foto assieme al presidente di Unionmeccanica Padova Andrea Tiburli con la targa che gli è stata consegnata nell'occasione - proviamo a tracciare un quadro dello stato dell’arte del settore metalmeccanico in Italia.
«La ripresa c’è anche se a macchia di leopardo», spiega il presidente. «In certi settori e in certe aree si è ingranato alla grande, in altri molto meno. Ci sono fattori che non la rendono fattiva, il primo dei quali è quello dei costi e della reperibilità delle materie prime. Un problema che credo che tutti i nostri imprenditori conoscano bene, io per primo riporto la mia esperienza personale e dico che mi tocca cambiare il listino prezzi delle mie aziende una volta al mese (Giotti è Amministratore Delegato di Palomar Srl, azienda leader nella produzione industriale di pannelli sandwich di alta qualità, e insieme al fratello Federico nel 2006 ha creato la Giotti Victoria Automotive, oggi brand affermato per la costruzione e trasformazione di veicoli commerciali e da lavoro, ndr). Questo ovviamente crea non pochi problemi con i clienti».
Nel suo intervento all’Assemblea di Unionmeccanica Padova ha rimarcato come ogni crisi porti però anche delle opportunità.
«La crisi è, in realtà, ormai più che decennale, essendo iniziata con quella immobilitare in America prima di deflagrare, come sappiamo bene, con la pandemia. Le imprese che hanno saputo resistere dovranno comunque farsi trovare pronte e cogliere le opportunità di sviluppo, consapevoli di come debbano riuscire a far fronte a tre problemi nuovi: il primo è la complessità dei temi da affrontare; il secondo è l’esponenzialità dei fenomeni, basti pensare a come la pandemia abbiamo bloccato il mondo nel giro di un mese; il terzo la velocità dei cambiamenti, qualcosa a cui fino a poco tempo fa non eravamo abituati. Occorre attrezzarsi per gestire tutto questo e occorre farlo tenendo conto che viviamo in un Paese che già di suo sconta un gap verso molti competitors, e non solo nei confronti della Germania. Per intenderci, altrove non vedo traccia di una tassa sul lavoro che definirei vergognosa come l’Irap, né c’è un costo per lo smaltimento dei rifiuti alto come quello che vige in Italia, così come altrove non c’è l’Imu sugli stabilimenti industriali, per non parlare infine di una pressione fiscale che arriva al 65%, una percentuale che definirei immorale, e che in Europa esiste a questi livelli solo in Svezia, dove però i servizi offerti sono molto diversi. Detto tutto questo, c’è la possibilità di reagire anche sfruttando le risorse che arriveranno con il Recovery Fund. Ma occorre farsi trovare pronti, a tutti i livelli».
L’altro grosso problema che sentiamo spesso sollevare dai nostri imprenditori è quello della difficoltà nel reperire manodopera specializzata. Colpa del disallineamento tra mercato del lavoro e scuola.
«Quello della manodopera specializzata che manca è un problema annoso. Un problema che non è solo veneto: riguarda l’Italia intera e coinvolge anche la formazione culturale dei giovani, che oggi spesso puntano su percorsi che sono lontani dalle esigenze delle imprese. La questione tocca in modo pesante soprattutto le nostre aziende, che vivono sulla qualificazione del lavoro e sulla capacità di differenziare quanto producono e non sulla riproduzione sistematica su larga scala, come fanno le multinazionali. Bisognerebbe che le scuole superiori e in particolare gli istituti tecnici producessero delle specializzazioni ad hoc e che negli ultimi due anni facessero entrare i ragazzi in contatto con le imprese, in modo che trasformino in qualcosa di concreto quanto viene loro insegnato. Ne guadagnerebbero le aziende e gli stessi ragazzi».
Già a maggio avete raggiunto l’accordo per il nuovo contratto di categoria.
«Unionmeccanica ha lavorato intensamente per raggiungere l’intesa di rinnovo, considerando tra le priorità il sostegno al reddito e il benessere dei lavoratori. In tal senso, oltre a concordare un aumento dei minimi retributivi in linea con le aspettative di tutte le parti coinvolte, ci si è focalizzati sulla sanità integrativa, sull’incremento del valore del welfare, sulla formazione continua, sulla sicurezza negli ambienti di lavoro, nonché sulla tutela delle lavoratrici vittime di violenza. Con un costo del lavoro tra i più alti d’Europa, con le sfide che deve affrontare l’intero nostro sistema produttivo, l’aumento dei minimi retributivi è stato un buon compromesso tra il contenimento del costo del lavoro e l’aumento del potere d'acquisto. Abbiamo tenuto in considerazione le esigenze di competitività delle nostre imprese, senza per questo pregiudicare il reddito dei lavoratori».
È stato anche questo uno dei temi affrontati nel suo incontro a Padova.
«Posso confessarlo tranquillamente: da quando sono presidente di Unionmeccanica ho instaurato un rapporto privilegiato con gli imprenditori padovani, con il presidente di Unionmeccanica Padova Andrea Tiburli, che è con me nella Giunta nazionale, e con il presidente di Confapi Padova Carlo Valerio che, oltre che un collega, è anche un amico. Ho accettato molto volentieri il loro invito».