La situazione in cui si trovano l’indotto dell’ex Ilva e la città di Taranto torna a essere drammatica. È inspiegabile la decisione di Acciaierie d’Italia, che fa capo per il 62% ad ArcelorMittal, di sospendere le attività delle imprese appaltatrici, molte delle quali appartenenti al sistema Confapi. Non si capisce quali siano gli interessi che persegue l’attuale management, non certo quelli del nostro Paese. E a pagare sono soprattutto le piccole e medie aziende che fanno parte dell’importante indotto dell’acciaieria e che vantano già crediti esigibili per l’ammontare di circa 150 milioni di euro.
Occorre trovare una soluzione per l’immediato attraverso un accordo formale che tuteli le aziende, i lavoratori e le loro famiglie. Confapi, che oggi ha preso parte al tavolo convocato dal Ministro Adolfo Urso al Mimit, ha ribadito al Governo la massima collaborazione nonché il supporto tecnico.
Per il futuro ribadiamo con forza quanto abbiamo già sostenuto più volte in passato: è fondamentale che l’Italia abbia un centro di produzione dell’acciaio e per farlo lo Stato deve assumere il controllo del processo produttivo attraverso sia la partecipazione maggioritaria di Invitalia, sia attraverso la società controllata DRI per la realizzazione delle nuove linee di produzione basate su forni elettrici, preridotto e acciaio circolare. È arduo, infatti, pensare al rilancio dell’impianto fino a quando il Governo non riuscirà ad avere una chiara definizione delle strategie future, del portafoglio ordini e della produzione.