Confapi, rappresentata dal Vicepresidente Francesco Napoli, è stata audita dalla Decima Commissione della Camera dei Deputati - Attività produttive, commercio e turismo – in merito al Disegno di legge annuale sulle piccole e medie imprese.
“Abbiamo accolto con favore l’emanazione del disegno di legge annuale sulle piccole e medie imprese – ha spiegato Napoli nel corso del suo intervento – un impianto normativo che riconosce formalmente il ruolo centrale delle piccole e medie industrie quali attori fondamentali per la crescita economica, l’innovazione e la creazione di occupazione. Una visione che Confapi sostiene da sempre”.
Entrando nel merito del provvedimento, Napoli si è soffermato sull’articolo 15, relativo alla delega al Governo per la riforma dell’artigianato, sottolineando “la necessità di preservare l’equilibrio e la leale concorrenza tra i comparti produttivi e che ogni intervento – incluso l’eventuale innalzamento dei limiti dimensionali delle imprese artigiane – deve essere preceduto da un’adeguata valutazione di impatto”.
“Un ampliamento della definizione di ‘impresa artigiana’ – ha aggiunto – tale da includere realtà con una consistenza occupazionale vicina a quella delle PMI industriali, determinerebbe una sovrapposizione con la categoria delle piccole imprese, senza affrontare realmente il tema della crescita dimensionale. Un simile intervento produrrebbe inoltre effetti rilevanti sia sull’ecosistema produttivo sia sulle finanze pubbliche. L’ampliamento del perimetro dell’artigianato, infatti, potrebbe favorire lo spostamento di imprese dal settore delle PMI industriali verso quello artigiano, beneficiando di regimi più favorevoli ma senza generare crescita reale. Sul mercato del lavoro, l’applicazione del contratto dell’artigianato alle nuove assunzioni comporterebbe un differenziale retributivo significativo, con riduzione delle retribuzioni medie e minori versamenti contributivi e fiscali. Tutto questo si tradurrebbe in una forma di concorrenza sleale, alimentata anche dai differenziali fiscali e contributivi a favore delle imprese artigiane. L’estensione generalizzata di tali benefici porterebbe a una sorta di dumping contrattuale”.
Secondo uno studio realizzato da Confapi, l’innalzamento dei limiti dimensionali per le imprese artigiane e il conseguente ricorso al contratto dell’artigianato per le nuove assunzioni comporterebbe una riduzione retributiva media del 20% per i nuovi lavoratori: la retribuzione lorda nelle PMI raggiunge i 34.577,46 euro, contro i 24.956,47 euro dell’artigianato, evidenziando un gap retributivo costante indicativo di contratti e capacità economiche differenti. L’impatto complessivo sul bilancio pubblico è stimabile in 1,43 miliardi di euro di minori entrate (870 milioni INPS e 563 milioni IRPEF). Inoltre, le PMI industriali sostengono 9.780,63 euro annui di oneri contributivi INPS, mentre l’artigianato 6.069,08 euro. Anche il costo annuo complessivo per le aziende è molto diverso: 44.358,09 euro nelle PMI contro 31.194,57 euro nell’artigianato.
“Tale modifica normativa quindi avrebbe un impatto significativo su: riduzione delle retribuzioni per i lavoratori del settore, contribuzioni CIGO e CIGS e relativi oneri per lo Stato, riduzione del gettito erariale IRPEF”, ha concluso Napoli.