Le principali compagnie di navigazione stanno interrompendo le spedizioni attraverso il Canale di Suez in risposta agli attacchi dei ribelli Houthi, lì dove transita il 40% delle merci venete destinate all’Asia. Fabbrica Padova, centro studi dell’Associazione, ha calcolato quali saranno le ripercussioni. Il presidente Carlo Valerio: «Il reshoring consentirebbe di attutire l’impatto di crisi internazionali di questa portata, portando nuovo sviluppo e assunzioni».
Le principali compagnie di navigazione globali stanno continuando a interrompere le spedizioni attraverso il Mar Rosso in risposta agli attacchi dei ribelli Houthi lungo la fondamentale rotta commerciale internazionale. La situazione costringe le navi portacontainer a deviare intorno al Capo di Buona Speranza, all’estremità meridionale dell’Africa, imponendo migliaia di chilometri aggiuntivi ai percorsi.
Premettendo che Suez vede transitare le grandi navi mercantili al ritmo di circa 50 al giorno, il che si traduce nel 12% delle merci mondiali in viaggio e del 30% del traffico container, per capire l’impatto che lo stop imposto dalle grandi sorelle della navigazione potrebbe avere occorre ricordare cosa comportarono il blocco del Canale del 2021 e la pandemia nel 2020. Si tratta di un passaggio chiave per le navi provenienti dall’Asia attraverso lo stretto di Bab-el-Mandeb largo 30 km. Circa la metà delle merci trasportate attraverso il canale è composta da merci containerizzate. Questa rotta è anche essenziale per le spedizioni di petrolio dal Golfo Persico all’Europa e al Nord America.
Le petroliere che trasportano diesel e carburante per aeromobili dal Medio Oriente e dall’Asia subiscono deviazioni, ed è probabile che anche le spedizioni di container contenenti beni di consumo, materie prime, abbigliamento e cibo subiscano ritardi. La situazione potrebbe avere un impatto significativo sulla catena di approvvigionamento globale e sollevare sfide logistiche e finanziarie per le aziende coinvolte nelle spedizioni internazionali. Secondo le stime della banca olandese ING, la deviazione delle spedizioni attorno al Capo di Buona Speranza aggiunge circa 3.000-3.500 miglia nautiche (6.000 km) ai viaggi tra Europa e Asia, prolungando di circa 10 giorni la durata complessiva. L’effetto a catena previsto sui tempi di consegna nei porti del Regno Unito e nei principali hub europei come Rotterdam, Anversa e Amburgo potrebbe essere significativo a causa dei tempi di spedizione prolungati.
Conseguenze che si ripercuoteranno a breve anche sull’economia delle piccole e medie imprese del territorio, come attestano le stime di Fabbrica Padova, centro studi di Confapi. Attraverso il canale di Suez, infatti, transita il 40% del commercio estero padovano per l’Asia: su 12,980 miliardi di esportazioni padovane, 1,27 miliardi riguarda il mercato asiatico, dato da cui si può stimare che circa 410 milioni di prodotti “padovani” passino attraverso il canale di Suez. E si può stimare in circa 800 milioni l’import di prodotti che ora rischiano lo stop. Il blocco pone seriamente a rischio gli approvvigionamenti di materie prime e di materiali utili alle imprese, ma anche per la realizzazione delle opere previste dal PNRR, dato che i comparti più esposti sono i macchinari, elettronica, mezzi di trasporto diversi dagli autoveicoli, tessile e farmaceutica. Una situazione simile a quella che si ritrova allargando la prospettiva al Veneto. Con la crisi di Suez e i venti di guerra nel Mar Rosso sono a rischio 15,2 miliardi di import-export per le imprese della regione. Secondo Unioncamere, l’impatto maggiore è sul flusso delle importazioni: nel 2022 il Veneto ha infatti importato merci per 11,8 miliardi da Asia Orientale, Cina e India, l'81% delle quali si stima transitino per la via più breve attraverso il Canale di Suez, per un valore di 9,5 miliardi di euro di approvvigionamenti esposti alle attuali criticità logistiche: macchinari industriali e suoi componenti, calzature, altre apparecchiature elettriche. Le esportazioni dal Veneto che passano da Suez valgono invece 5,7 miliardi - macchinari, concia e pelli, occhialeria -, merci dirette verso Asia Orientale e India. Si tratta di poco meno il 7% dell’export regionale.
«Questa interruzione sta provocando un aumento dei costi di spedizione dall’Asia all’Europa, alimentando il timore di una nuova ondata inflazionistica nei prossimi mesi», commenta il presidente di Confapi Padova Carlo Valerio. «Il reindirizzamento delle navi comporterà costi aggiuntivi notevoli, stimati fino a un milione di dollari in carburante extra per ogni viaggio di andata e ritorno tra Asia ed Europa. Allo stesso tempo, si prevede un aumento dei costi assicurativi, contribuendo al rincaro complessivo delle spedizioni. E va considerato l’impatto sul piano dei ritardi nelle consegne. A giocare un ruolo importante nell’assorbire il contraccolpo di questa ennesima crisi del trasporto marittimo, dopo le lezioni impartite dalla pandemia, sarà infatti la capacità di stoccare scorte a terra, giocando su quel surplus di produzione e sulle parziali rilocalizzazioni produttive avvenute negli ultimi anni. Per farlo serve però spazio e in Italia non brilliamo per lungimiranza negli investimenti e adeguamenti infrastrutturali significativi. Così il rischio che, ancor più che nel passato, gli hub di Le Havre, Rotterdam, Amburgo, insomma, i porti del Nord Europa, si avvantaggino per via delle monumentali opere di ampliamento eseguite nel corso degli anni è quasi scontato».
«Ma a questo tema non possiamo non legare un ulteriore spunto di riflessione», aggiunge il presidente Valerio, «legato alla necessità - peraltro già da noi segnalata da oltre una decina d’anni… - di prevedere progetti di rientro o riattivazione di attività “delocalizzate”. La questione, che ci sta molto a cuore, oggi è indicata attraverso il termine reshoring: da un lato consentirebbe di attutire l’impatto di crisi internazionali di questa portata, dall’altro parliamo di capitali che tornerebbero a dar linfa all’economia del territorio, portando nuovo sviluppo e assunzioni. Ecco perché occorre fare il possibile per incentivarlo, creando le condizioni per riuscirci e rendendo Padova attrattiva da questo punto di vista».
Sul tema, il presidente può riportare l’esperienza diretta della sua azienda, la JVP, che produce pavimenti tecnici sopraelevati. «Stiamo consegnando proprio da inizio anno un grosso cantiere in Australia, circa 15 containers da 20 piedi al mese, fino a giugno 2024. I tempi di transito crescono a dismisura a causa dell’obbligato periplo di Buona Speranza, con immaginabili drammatici extra costi. Il trasporto lo paga il cliente, ma il rischio commerciale resta enorme».
Nella foto il presidente Carlo Valerio