Il Gruppo Volkswagen, secondo produttore automobilistico mondiale, potrebbe annunciare a giorni la chiusura di tre stabilimenti, mentre Stellantis, scrigno di quanto resta dell’auto italiana, chiude la trimestrale segnando un pesantissimo -27% alla voce ricavi. Sono solo le ultime notizie, in ordine cronologico, del ciclo nero dell’auto europea che vede, solo nel padovano, oltre 2.000 imprese coinvolte direttamente o indirettamente nella filiera (oltre 11 mila in Veneto). Il presidente di Confapi Padova Marco Trevisan: «È necessario un riallineamento strategico che guardi oltre le nubi. Supereremo anche questa, ma servono idee chiare su quale futuro intendiamo costruire per la manifattura del Nord Est. Senza una politica industriale coerente, nel lungo termine la sfida globale è impari, se non persa». Gli interventi del presidente nazionale Cristian Camisa («Rivedere il Green Deal») e l’intervista a Stefan Moritz, segretario generale di CEA-PME, la Confederazione europea delle Pmi («L’UE deve considerare il principio della neutralità tecnologica per raggiungere gli obiettivi di riduzione delle emissioni»).
Cinquantasei imprese coinvolte direttamente. Ma più di duemila (2.065) quelle potenzialmente interessate. Sono i numeri delle aziende della subfornitura meccanica padovana che potrebbero subire ripercussioni dalla crisi dell’auto europea, dopo che il Gruppo Volkswagen nel suo piano di ristrutturazione ha previsto la chiusura di tre stabilimenti, il taglio di decine di migliaia di posti di lavoro e la riduzione degli stipendi del 10%. Allargando la prospettiva all’intero Veneto si sale a 306 imprese produttive nel settore automotive, attive soprattutto (182) nella fabbricazione di parti e accessori per gli autoveicoli e i loro motori. Ma sono 11.283 quelle che compongono la filiera regionale, che comprende la produzione di auto e componentistica, ma anche la commercializzazione e i servizi post-vendita, dando lavoro a 26.420 dipendenti, quasi 5 mila dei quali sono padovani. Lo attesta Fabbrica Padova, centro studi di Confapi, che, partendo dai dati Istat e Unioncamere del Veneto relativi agli insediamenti nel territorio, ha calcolato quante imprese potrebbero pagare ripercussioni rispetto a quanto sta accadendo in Germania, in un settore che già deve fare i conti con il crollo delle vendite del Gruppo Stellantis, che, a settembre 2024, ha registrato un drammatico -33,9% delle immatricolazioni rispetto al 2023, chiudendo la trimestrale con un pesantissimo -27% alla voce ricavi.
Altri rilievi statistici aiutano a inquadrare la situazione. Come noto, la Germania è il principale partner commerciale delle imprese del territorio, basti ricordare che, nel 2023, le esportazioni venete verso l’area tedesca ammontavano a 11,286 miliardi di euro, mentre quelle padovane a 1,852 miliardi. Sul totale, proprio le esportazioni delle attività manifatturiere incidono in modo preponderante, perché sono pari a 10,909 miliardi di euro per l’intero Veneto e a 1,814 miliardi per Padova. L’export del settore della produzione industriale automotive da solo vale invece circa 1,5 miliardi di euro, pari a quasi il 2% del totale delle esportazioni regionali, di cui 289 milioni sono padovani.
«È chiaro che le aziende più coinvolte sono quelle direttamente attive nella fabbricazione di parti e accessori per autoveicoli, ma le implicazioni saranno pesanti per un numero molto più ampio di imprese», commenta Marco Trevisan, presidente di Confapi Padova. «Dobbiamo infatti considerare sia l’indotto diretto sia quello indiretto, che riguarda il settore della subfornitura meccanica e comprende anche i contoterzisti che, a loro volta, riforniscono gli stessi fornitori. A oggi è impossibile quantificare quali saranno le conseguenze di una crisi internazionale, ma è purtroppo facile prevedere che non saranno indolori. Stiamo già pagando pesantemente gli effetti della recessione tedesca, quanto sta succedendo nel settore auto si aggiunge a una situazione già complicata. E, tuttavia, sono convinto che ne usciremo, come sempre abbiamo saputo fare anche in frangenti più difficili di questo; è solo questione di tempo. Ma, quando si affronta un momento di difficoltà, diventa necessario e produttivo rimettersi in discussione, ed è quello che dobbiamo fare oggi. In altre parole, occorre riflettere su quale futuro vogliamo dare alla nostra industria e interrogarci su come poter essere competitivi non solo adesso, ma tra uno, cinque e dieci anni, in un contesto competitivo sempre più sfidante. Cosa possiamo fare perché non riaccada quanto stiamo vivendo ora? Davanti agli occhi c’è la crisi del settore automotive, ma è solo un aspetto della questione. Possiamo competere con la capacità produttiva delle principali economie asiatiche? Possiamo garantire l’accesso ai fattori produttivi critici come energia e materie prime a condizioni competitive? Possiamo permetterci un cuneo fiscale tra i più alti al mondo, che mantiene tanto alto il costo del lavoro quanto basso il potere d’acquisto dei nostri lavoratori? Quando e come saremo in grado di ridare impulso alla nostra industria con queste premesse? Ecco allora che oggi diventa più che mai urgente chiederci: quali sono gli investimenti strategici da fare per il futuro come Sistema Paese?».