QUEI 17 MILA PADOVANI CHE NON STUDIANO E NON LAVORANO

QUEI 17 MILA PADOVANI CHE NON STUDIANO E NON LAVORANO

Sono in un limbo. Non studiano, non lavorano e nemmeno lo cercano. Sono i Neet, dall'inglese "not engaged in education, employment or training", non attivi nell'istruzione, nel lavoro o nella ricerca di un impiego. A Padova e provincia sono circa 16.900, parliamo di giovani tra i 15 e i 29 anni, mentre in Veneto se ne contano poco meno di 100 mila. Fabbrica Padova ha messo in fila per  il Gazzettino di Padova (qui il link alla rassegna stampa del servizio) i principali dati relativi a manodopera, Neet e Smart working nel territorio. Qui vi proponiamo una sintesi dello studio (nell'immagine in alto l'infografica del quotidiano).

 

NEET: I DATI

Secondo i dati Istat ripresi dal Rapporto statistico del Veneto 2023, i Neet in Italia sono il 23,1%, 10 punti in più rispetto al 13,1% della media europea. Ma 13,1% è anche il dato dei giovani che non studiano né lavorano nella nostra regione, in linea, quindi, con quanto accade nell'Eurozona.

A Padova scendiamo al 12,4%. E se andiamo a guardare il totale della popolazione inattiva nella nostra provincia tra i 15 e i 64 anni nel 2023 si sale al 25,2%: 18,3% per i maschi, 32,2% per le femmine. Cioè circa 150 mila padovani che non lavorano.
Sempre riguardo ai giovani che non studiano e non cercano un impiego, risulta essere ampio il divario tra Sud e Nord: il record negativo è per la provincia di Caltanissetta, dove è Neet il 46,3% dei giovani di età compresa tra 15 e 29 anni. Seguono i territori di Taranto, Catania, Napoli, Messina, Palermo, Siracusa, Foggia e Catanzaro, con quote che superano il 35%.

 

SMART WORKING: I NUMERI

Secondo quanto raccolto dall'Osservatorio smart working del Politecnico di Milano, in Italia nel 2022 3,57 milioni di persone lavoravano da remoto, numero salito nel 2023 a 3,585 milioni. E le previsioni dicono che si salirà ancora.

E nel territorio padovano? Fabbrica Padova, centro studi di Confapi, stima che siano circa 58.300 i dipendenti che, oggi, usufruiscono dello smart working almeno un giorno alla settimana, in lieve crescita rispetto al monitoraggio di fine 2022, quando erano 57 mila (ma molti meno rispetto ai 70 mila del 2021).
I dipendenti delle grandi imprese che lavorano da casa sono circa 26.300 (in lieve risalita), quelli delle piccole e medie imprese 14.800 (circa il 10% del totale della loro forza lavorativa, anche qui c'è un leggero incremento). Troviamo poi 14.900 lavoratori delle micro imprese (in flessione rispetto ai 17.100 radiografati un anno fa). Ne vanno poi aggiunti circa 2.300 della pubblica amministrazione (a loro volta in flessione).

 

L'ANALISI DI CONFAPI

L'utilizzo dello smart working va di pari passo con la grandezza dell'azienda. A confermarlo è Davide D'Onofrio, direttore di Confapi Padova. Che affronta anche il tema dei Neet, i giovani tra i 15 e i 29 anni che non studiano e non cercano un lavoro.

«La sostanza è più grande è l'azienda e più si fa smart working, è normale che sia così. Una grande azienda, parliamo proprio a livello di mansioni, utilizza con più facilità il lavoro agile. Pensiamo alle grandi multinazionali che lavorano con l'estero: una call con l'India si può fare anche da casa. Per altri mestieri è più difficile. A partire dal numero di dipendenti, è chiaro che servirà sempre qualcuno che risponda al telefono. Qui, poi, c'è una grande vocazione alla manifattura, un lavoro che non si può fare da casa. Per le grandi aziende la situazione è differente e l'accesso al lavoro agile più facile. Ora, anche a causa della pandemia, si è acquistata una maggiore familiarità con questa modalità di impiego e alcune delle diffidenze iniziali sono cadute. Si è capito che per alcuni contesti può essere una modalità utile, anche nell'ottica di conciliare la vita privata con la propria professione».
Però a Padova vediamo una lieve flessione.
«È assolutamente normale. Come dicevo prima, il nostro territorio è fatto di piccole e medie imprese per le quali è indispensabile lavorare in azienda. La flessione che vediamo è indice di un ritorno alla normalità ma vediamo anche che molte realtà hanno mantenuto il lavoro agile, attraverso accordi interni».
Forse più interessante analizzare la questione Neet.
«Partiamo da questo dato: nel nostro territorio un'azienda su due fatica a trovare manodopera. Quindi anche un valore come il 12,4% incide sul mondo del lavoro e sui costi del lavoro. Poi se allarghiamo il quadro e vediamo che sono 150 mila i padovani inattivi tra i 15 e i 64 anni certo non possiamo sorridere. Il problema c'è e non riguarda solo i Neet. Penso anche a tutti coloro che entrano tardi nel mondo del lavoro, per ragioni che possono essere le più diverse. Anche questo influenza la difficoltà nel trovare manodopera e i costi del lavoro. Perché è chiaro che più lavoratori ci sono e meno costi abbiamo. Anche se, precisiamo, ci troviamo in questo momento in regime di piena occupazione. Per questo il dato dei Neet, seppur più basso rispetto al resto d'Italia o a zone come il Sud, dove si toccano percentuali davvero preoccupanti con punte del 46%, nel nostro territorio si avverte».